Welcome Benvenuti
Ogni idea che abbia un minimo di contenuto è un'OPERA APERTA, nel senso che a questo termine dava Umberto Eco.
Chi la legge, la riprende, la critica contribuisce a trasformarla e a propagarla, anche se non è d'accordo sul suo contenuto.
Del resto, il contenuto cambia nel corso della propagazione e per effetto della propagazione.
Il lettore diventa autore: LECTOR IN FABULA
Lo spettatore entra nel film: LA ROSA PURPUREA DEL CAIRO.
La propagazione che è in grado di modificare l'idea iniziale, arricchendola con i significati che abitano nei contesti attraversati, è l'unico ordine che resiste all'erosione entropica della COMPLESSITA', in un mondo che scopriamo sempre meno prevedibile e controllabile.
La COMPLESSITA' del mondo ha come controparte necessaria la CONOSCENZA che si PROPAGA RIFLESSIVAMENTE, navigando sull'orlo del caos senza caderci dentro. Ma senza nemmeno precipitare nell'ordine della materia morta, in cui il futuro è totalmente schiacciato sull'esistente.
La vita non è altro che conoscenza capace di auto-propagarsi riflessivamente, ossia cambiando la sua struttura in funzione del contesto ma facendo in modo da riprodurre comunque, in questi cambiamenti, la capacità di propagarsi (KAUFMANN, Investigations)
L'INNOVAZIONE acquista valore e diventa visibile, nel mondo entropico in cui abitiamo, solo se si PROPAGA e riesce a propagarsi sono se è capace di evolvere riflessivamente in base all'ambiente che attraversa, senza perdere la propria capacità propulsiva
Innovazione e propagazione delle conoscenze sono la trama su cui, da due secoli e mezzo, si regge la MODERNITA', ossia il sistema di vita e di produzione che usa la scienza come forza produttiva
L'uso della scienza avviene secondo la regola della divisione delle sfere di azione. In particolare la sfera dell'economia moderna si differenzia e interagisce con quella della società moderna: insieme forniscono un MOTORE DELLA CRESCITA basato sulla contraddizione e sull'integrazione degli opposti
L'OSSIMORO, che unisce forze e significati che sono logicamente contraddittori, è la forma della PROPAGAZIONE RIFLESSIVA, perchè è in grado di generare sempre nuove varianti, sempre nuovi tentativi, alternando e ricombinando le forze opposte che contiene
La modernità è rimasta per due secoli ancorata ad un sistema di PROPAGAZIONE LINEARE, basato sui moltiplicatori generati dalla conoscenza riproducibile (scienza, macchine, calcolo, mercato, norme). Il suo presupposto era la subordinazione della complessità del mondo all'INTELLIGENZA TECNICA ossia alla conoscenza codificata, riproducibile, messa in azione per creare mondi artificiali a bassa complessità
Ma poi, con la crisi del fordismo, è cominciata la fase della PROPAGAZIONE RIFLESSIVA, che usa l'INTELLIGENZA FLUIDA delle persone per generare nuove idee e propagarle in modo riflessivo, adattandole alle persone e ai contesti unici a cui le conoscenze vanno applicate
Da allora il motore dello sviluppo ha integrato due poli contraddittori e complementari allo stesso tempo: l'economia della conoscenza utile e la società della conoscenza identitaria.
L'economia della conoscenza è il sistema che assegna valore alle conoscenze utili che si auto-propagano riflessivamente
La società della conoscenza è la rete in cui i valori utili sono affiancati dalle conoscenze prodotte e propagate per motivi non utilitaristici e dunque per passione, rabbia, condivisione, dono. Insomma per essere sè stessi definendo con altri la propria identità differenziale
Per affrontare la complessità abbiamo bisogno di una economia della propagazione in base al valore e di una società della propagazione in base all'identità
Un BLOG è una rete di valori utili e di significati identitari.
Che non devono essere uguali, ma propagare le differenze, trasformandole in valore addizionale e in nuove identità.
giovedì 14 febbraio 2008
SOCIAL NETWORKS: IL SETTIMO GIORNO DELLA CREAZIONE
LA NASCITA DELLA CITTA' VIRTUALE.
All’inizio, la Rete serviva per trovare, con una certa fatica, notizie o informazioni utili.
Poi ha attratto giovani speranze per vivere i giochi della virtualità e della morte della distanza. I più furbi ci hanno per anni caricato e scaricato gratis canzoni e altri oggetti di intrattenimento, coltivando il terreni oscuri della pirateria.
In un’altra regione, intanto, i “buoni” e volenterosi si davano da fare per affermare, nelle comunità open source, la libertà di pensiero dei singoli e dei loro opifici operosi, contro i vincoli imposti dai primi monopoli che hanno presto e bene colonizzato tutto lo spazio (allora) disponibile.
Col tempo, però, la Rete è cresciuta e le tecnologie hanno dato sempre più spazio alle iniziative e alle intelligenze dal basso. I registi di una volta sono stati travolti. I più audaci hanno capito che potevano arricchirsi diventano invece regolatori del traffico: collettori di flussi che non nascono da loro e che non vanno dove loro comandano. Utilità, giochi, furbate e buoni sentimenti non esauriscono più le esperienze fatte in rete. Che si sono dilatate numericamente ed espanse qualitativamente.
Oggi andiamo in rete per altri e più importanti motivi: nella rete abbiamo imparato a creare mondi possibili da abitare con la mente. E anche col corpo, se manteniamo vivo il legame tra virtuale e reale, mettendo in collegamento di due modi di fare esperienza. I nuovi mondi che la mente crea e abita, in realtà dilatano il mondo reale (unico) della nostra esistenza, permettendo all’immaginazione, alla comunicazione, alle relazioni con altri di occupare regioni nuove nello spazio del possibile.
Che forse un giorno potrebbe tradursi in reale, ma non è detto. O che deve restare virtuale, modificando però lo stesso il mondo reale perché cambia i nostri sentimenti, il nostro modo di avere idee o amici, di coltivare passioni, trovando chi le coltiva con noi.Siamo parte di una città estesa, che ha alcuni quartieri nel mondo reale e altri nel mondo virtuale. E noi ci camminiamo dentro, un po’ entrando e un po’ uscendo da edifici che ci danno sensazioni diverse, che si sommano confusamente tra loro.
Qualcuno vorrebbe metterci ordine. Non fatelo. Lasciamo la nostra città crescere nel suo disordine, potendo noi, ex post, selezionare e ordinare quello che ci interessa o quello di cui ci ricordiamo.
Nelle città virtuali in cui abbiamo imparato a muoverci, per un certo numero di ore (o minuti) al giorno, ci sono cose diverse che sarebbe un peccato semplificare o ridurre ad uno standard più povero o più triste di quello che possiamo trovare camminando a caso tra l’uno e l’altro edificio. I tanti blog, in cui “abitano” persone, club o neo-movimenti politici (tipo Grillo), si affiancano a rispettabili banche del sapere organizzato, come Wikipedia, agli spazi espositivi ed espressivi tipo MySpace, alle vetrine modello Youtube, ai motori della navigazione a lunga distanza come Google, alle amministrazioni che regolano il traffico (a pagamento) tipo Second Life.
Insomma le città virtuali sono una cosa seria, complessa, con una storia alle spalle. Quasi si trattasse di borghi o ridenti cittadine del paesaggio collinare che più ci piace. Non sono più soltanto un gioco. Ormai ci si vive, ci si dicono cose buone e cattive, ci si emoziona e ci si arrabbia. Si trovano fans, lavori e qualche volta anime gemelle.
Tutti noi ci avviamo ad avere una seconda vita, un po’ disordinata ma assolutamente reale, prima ancora di entrare in quella artificiale, organizzata per gli avatar di Second Life.Per questo i cosiddetti social networks hanno tanto successo: ci forniscono il terreno per fare esperienze che dilatano il nostro mondo di esperienza, superando i confini angusti dell’esistente (dove gran parte delle cose che dovevano accadere sono già accadute) e trascinandoci in uno spazio aperto, dove tutto – o quasi – deve ancora accadere. E dunque può davvero accadere (chissà).
Sono puro divertimento? Credo di no. Anzi, in prospettiva hanno una importanza fondamentale nell’economia, perché sono il luogo elettivo di crescita di due risorse fondamentali che ci stiamo avviando a riscoprire:
a) l’intelligenza fluida, propria del cervello umano, che, assumendo un ruolo sempre più importante nelle esperienze di social networking, promette di cambiare il senso della modernità, perché sovverte il rapporto che finora c’è stato tra le macchine (create dall’intelligenza tecnica) e gli uomini (portatori dell’intelligenza fluida).
b) le eccedenze cognitive, ossia conoscenze non immediatamente utili , che finora erano ammesse nella vita sociale solo come forme di consumo (improduttivo), attraverso cui la gente coltiva le proprie passioni e le proprie esperienze ludiche.
Nella pratica di social networking si scopre come queste eccedenze sedimentate nella società e nella vita delle persone non sono uno spreco, ma servono per immaginare creativamente il nuovo, per esplorarlo, come condividerlo con altri, pre prendersi rischi che i calcoli finanziari sconsiglierebbero.
Sono dunque la risorsa chiave con cui affrontare la complessità del mondo di oggi.I social networks fanno affiorare e rendono visibili gli effetti di un mondo – fatto di intelligenza fluida e di eccedenze cognitive – che senza la rete, e le sue economie di scala, resterebbe sepolto nel privato. Confinato nell’ombra di esperienze che non producono valore ma al massimo consumano il valore prodotto dalle macchine.
Ma nella società della conoscenza queste riserve di sapere sono le nostre miniere d’oro, i nostri pozzi di petrolio. Dobbiamo solo liberarne la forza e propagarne l’energia trasformatrice.
La rete, che mobilita le energie degli individui intelligenti e delle passioni conservate nella società, fa appunto questo. Rivelando che il mondo in cui abitiamo non è più quello di prima. E che anche il nostro modo di produrre valore, attraverso il lavoro, non obbedisce più alle stesse leggi.
Vediamo perché.
TORNA IN SCENA L’INTELLIGENZA FLUIDA
Nei social networks prende forma l’intelligenza fluida di cui l’uomo è portatore e che sa fare cose che l’intelligenza tecnica, incorporata nella scienza, nelle macchine, negli algoritmi e delle procedure formali non sa fare.
L’intelligenza fluida gestisce situazioni uniche, se non altro perché è collegata ad una persona che per definizione, anche dal punto di vista materiale (il corpo) è unica, non ripetibile e non sostituibile.
L’intelligenza tecnica è una invenzione della modernità e ha dato risultati straordinari dal punto di vista cognitivo (cumulabilità del sapere) e economico (economie di scala tratte dal sapere riproducibile, che si replica a costo zero). Ma non sa che pesci pigliare in situazioni complesse in cui non basta replicare un modello dato, ma bisogna interpretare, adattare, proiettare il sapere nello spazio del possibile.
Prima dell’avvento di Internet questa forma di intelligenza era usata da ciascuno di noi nella gestione della propria vita privata, ma non aveva modo di manifestarsi in forme organizzate soprattutto in forme economicamente sostenibili (capaci di rendere e dunque di rigenerare la convenienza ad investirci su). Singoli lavoratori, consumatori, cittadini se la sfangavano da soli, contando come il due di picche, e delegando alle grandi tecnostrutture organizzate ossia alla loro intelligenza tecnica le scelte che contano.
Ma oggi la Rete ha fatto il miracolo e ha riportato al centro della storia – anche economica – l’intelligenza fluida degli individui che diventano comunità, e che, insieme, danno un formidabile contributo ad esplorare e a governare la complessità del mondo attuale, inventando a getto continuo nuove varietà, cambiando quelle che già ci sono, creando idee e possibilità a cui nessuno aveva pensato prima.
E il tutto, incredibilmente, con economie di scala che oggi pesano quasi quanto quelle che attraversano le vecchie fabbriche della produzione di massa e i vecchi mass media.
SI RISCOPRONO LE ECCEDENZE COGNITIVE OSSIA LA RICCHEZZA SEDIMENTATA NELLA STORIA E NELLA CULTURA DELLA SOCIETA’
Nei social networks emerge la ricchezza e la polivalenza di quelle che finora – in un mondo standardizzato con rigidi criteri economici (l’ottimizzazione tecnica, le economie di scala, il profitto di impresa) – erano semplici eccedenze cognitive.
Un sapere non immediatamente utile e non pensato per essere utile. Ma elaborato e comunicato per il piacere di stare insieme, di conversare (il telefonino!), di giocare, di appassionarsi a una delle tante passioni che si possono coltivare senza secondi scopi in una società diventata ricca e capace di suscitare e servire desideri inediti, creati a getto continuo dalle capacità inventive della gente.
Una volta erano appunto “eccedenze”, sprechi, saperi e oggetti non utilizzabili nel processo produttivo. Insomma, forme di consumo del reddito che l’affluent society dissipava in attività piacevoli (si spera), grazie alla produttività generata in fabbrica dall’intelligenza tecnica e dalla fatica operaia. Difficile non avere un senso di diffidenza verso piaceri effimeri, che costano fatica ad altri e che riempiono la noia della società del benessere.Ma da allora, molta acqua è passata sotto i ponti.
L’immateriale ha cessato di essere un capriccio, il segno dell’effimero che si consuma nell’attimo in cui esiste, bruciato dalla logica dissipativa dell’usa-e-getta. Oggi i rifiuti sono materiali, appendice pesante e penosa di processi che non si riesce a contenere nelle regole del riciclo; mentre le gioie dell’esistenza, i momenti chiave delle nostre esperienze, sono tessuti di una trama immateriale che si appoggia al significato, all’emozione, al brivido dell’identificazione comunitaria in qualche idea, coinvolgente e condivisa con altri.
IL FASCINO DISCRETO DELL’IMMATERIALE
L’economia dell’immateriale non è il prodotto della Rete, ma certo ci abita bene. Riempie le strade e i vicoli, dà il nome alle piazze e ai crocevia più affollati. E produce valore senza muovere gli oggetti, o arrivando ad essi come atto terminale di un processo che attraversa cento tappe prima di scaricarsi nella trasformazione fisica degli oggetti del mondo materiale.
Il valore cresce in rete, e la benzina che alimenta questo motore economico e sociale è prima di tutto data dalle eccedenze cognitive, presenti nella vita delle persone (per fortuna non asservita completamente alla “razionalità economica”) e nella cultura sociale, ricca di cose che apparentemente non servono ma che alla fine sono il sale della storia.
Le eccedenze cognitive nutrono l’intelligenza fluida, consentendole di immaginare quello che non esiste prima ancora che esista.Tutto il possibile è già stato immaginato, in fondo. Bisogna recuperarlo e portarlo nuovamente tra noi.
La biblioteca di Babele ha già tutte le varianti possibili di ciò che si può pensare o dire: bisogna rendere questi segni significativi per noi, sceglierli tra le eccedenze che ci portiamo dietro. E che la rete mette in circolazione, moltiplicandone i possibili usi e i possibili valori.
Ma la rete che offre nuove possibilità di relazione non è l’unica novità, che rende i social networks ricchi di significato economico. Bisogna anche dire che la rete offre una risposta efficace ad un problema che in precedenza si faceva sempre più fatica ad affrontare.
La crescita della complessità (varietà, variabilità e indeterminazione) che ha investito i sistemi produttivi e la vita di ciascuno dopo la crisi del fordismo (anni settanta), ultimo grande esperimento di compressione della complessità del mondo conosciuto in un ordine geometrico, disegnato dalla Ragione (con la R maiuscola).Poi, tutto è cambiato.
VIVERE IN UN MONDO COMPLESSO: FLESSIBILITA’, CREATIVITA’ IN AZIONE
All’inizio è stato semplicemente il trionfo della flessibilità.In un mondo diventato imprevedibile, vince chi si adatta più facilmente: dunque il più intuitivo, il meno organizzato, il più opportunista: piccole imprese, distretti industriali, neo-imprenditori con poca esperienza e molte ambizioni hanno popolato rapidamente, specialmente in Italia, i vasti territori occupati in precedenza dalle grandi fabbriche della produzione di massa.
Anche le grandi imprese, che avevano prima praticato lo standard e la programmazione rigida, anticipatrice, che metteva “le braghe al mondo” si pentono e imparano, diventando lean, snelle, reattive. Ossia flessibili.
Poi arriva una seconda risposta: la creatività.
Assomiglia alla prima ma non è la stessa cosa. La flessibilità insegue l’imprevedibile. La creatività, invece, produce il nuovo e lascia che sia il resto del mondo ad inseguire che per primo ha aperto strada.
La creatività ha bisogno di intelligenza fluida e di eccedenze cognitive, ma poiché deve produrre idee nuove e propagarle, ha bisogno di fare investimenti e prendere rischi.
Non sempre i produttori flessibili accettano di diventare creativi, perché spesso preferiscono tenersi le mani libere, lasciando aperte tutte le strade possibili e no investendo su nessuna di esse.
Ecco perché la Rete diventa importante, per rendere possibile e conveniente il passaggio dalla flessibilità alla creatività. Per una questione di costi e di ricavi: la pronazione in rete di conoscenze altrui e l’allargamento del bacino di uso delle proprie idee offrono alla creatività le economie di scala che le mancavano.
La Rete rende infatti disponibile intelligenza fluida e eccedenze cognitive in abbondanza, attraverso i molti potenziali fornitori che possono essere trovati in rete, o attraverso i molti moduli e modelli che si possono ri-utilizzare a basso costo. E al rete offre anche un ambiente in cui le proprie invenzioni possono propagarsi, moltiplicando – ad ogni uso – il proprio valore.
Allora, e solo allora, la creatività diventa il modo più efficace di rispondere alla sfida della complessità. Anzi: la complessità (varietà, variabilità, indeterminazione) può diventare una fonte di valore economico, quando si apre lo spazio delle città virtuali, quando comincia a circolare in forma massiccia l’intelligenza fluida delle persone e delle comunità.
Accade così l’imprevisto: le “eccedenze cognitive” che prima erano inutili o si scoprono risorse preziose, assolutamente necessarie per interpretare il nuovo, per inventare risposte non banali (non replicative) ai problemi, per dare significati alle cose e alle possibilità virtuali.
Il senso degli oggetti, del lavorare e del consumare si scopre non essere più nella loro funzionalità materiali ma nel senso che acquistano entro il circuito di quelle che erano “eccedenze” e che diventano ora risorse identitarie, energie emotive, vissuto profondo, passioni. Fonte di valore economico quanto e più delle macchine e dei prodotto materiali.
Nei social networks è tutto un fiorire di queste cose che, sbagliando, spesso vengono considerare puramente dissipative, eccedentarie, appunto, rispetto alle cose serie e permanenti che sarebbero gli oggetti e i servizi funzionali (utili a qualcosa). O i banner su cui si può fare la pubblicità .
In realtà, questi processi di ricerca ed esibizione delle proprie passioni, consolidate nelle tante città virtuali create dalla rete, sono la matrice di senso con cui ciascuno di noi torna, nella vita quotidiana, ad essere lavoratore, consumatore, cittadino. Ma con in testa un senso delle cose diverso da prima, elaborato nello spazio del possibile e non solo in quello, sempre più angusto, dell’esistente che già c’è ed è compiuto.
LA CREAZIONE DEL MONDO CONTINUA IN RETE
Forse il tempo in cui viviamo è il settimo giorno, quello in cui Dio si riposò, lasciando a noi il compito di continuare l’opera.